Benedetta Stoppioni è la vincitrice dell’ottava edizione del Premio Bruno Zevi 2014

10 mag, 2014 | Iniziative 2014, Premio 2014

Benedetta Stoppioni è la vincitrice dell’ottava edizione del Premio Bruno Zevi con il saggio Germania post Anno Zero: un Moderno a due volti. Il caso studio del Museo Lehmbruck a Duisburg.

Si tratta di uno studio monografico raffinato e documentato su un’opera significativa del secondo dopoguerra e sul duplice atteggiamento dell’architettura tedesca, oscillante tra il linguaggio rigoroso e neutro di matrice miesiana e le sensibilità umanistiche di Rudolf Schwartz. Con una prosa limpida, essenziale e quanto mai scorrevole, l’autrice ripercorre le vicende del Museo Lehmbruck a Duisburg e ne rilegge l’architettura e i criteri museografici che ne hanno guidato la concezione e la faticosa realizzazione.

Allo stesso tempo, il tema del museo diventa occasione per una riflessione più ampia sulla relazione tra architettura e memoria, tra memoria e oblio, tra consapevolezza e rimozione, tra continuità e fratture. Più indagata sul versante politico e sociale, la dicotomia lo è assai meno su quello architettonico, chiamato a confrontarsi con il “tabù” della catastrofe della guerra aerea e con l’arduo compito della ricostruzione.

Ne emerge un saggio molto equilibrato che ben illustra un momento storico e culturale davvero singolare e complesso. Lo studio si avvale di un’ampia bibliografia ed è accompagnato da numerose immagini e da rielaborazioni grafiche predisposte dall’autore, oltre che da apparati biografici relativi a Manfred Lehmbruck e al padre Wilhelm Lehmbruck

Motivazioni della Giuria

Dichiarazione finale con motivazione dell’assegnazione del premio

La Commissione ha esaminato con interesse ed apprezzamento i dodici saggi presentati che spaziano da posizioni storico-descrittive ad altre più propriamente teorico-propositive. E’ stata data priorità nella valutazione ai seguenti aspetti: attualità e centralità del tema rispetto al dibattito contemporaneo sull’architettura, qualità dello scritto sul piano critico, metodo di indagine e rigore della trattazione, completezza di riferimenti, note e bibliografia. Si è dato inoltre valore alla qualità dell’espressione ed alla pertinenza con il profilo del Premio.

Tra i testi che, pur nelle differenze di argomento e di approccio, sono apparsi di maggior interesse si segnalano: il saggio Space and Empathy in Architecture. Geoffrey Scott the forgotten reference in Bruno Zevi’s theoretical corpus per l’analisi interessante e convincente del ruolo avuto dal testo “L’Architettura dell’Umanesimo” nella costruzione del pensiero teorico e critico di Bruno Zevi, che lo condusse, nell’immediato dopoguerra, a concentrare i suoi strumenti critici sulla spazialità dell’architettura; e il saggio Spazio e Società: Giancarlo De Carlo e la base sociale dell’Architettura, un lavoro di ricerca molto ben documentato e illustrato che riesce a restituire con sufficiente vivacità il mondo intellettuale di Giancarlo De Carlo e affronta in maniera approfondita la riflessione quale risulta dalla rivista “Spazio e Società”. Emerge il convinto e radicale impegno sociale di De Carlo ed il rapporto che ha intrattenuto con le memorie del passato e con la storia dell’architettura.

Il saggio, che si è particolarmente distinto per rigore storico e qualità di scrittura, a cui viene assegnato il premio a parere unanime della commissione, è Germania post Anno Zero un Moderno a due volti. Il caso studio del Museo Lehmbruck a Duisburg. E’ un raffinato e documentato studio monografico su un’opera significativa del secondo dopoguerra e sul duplice atteggiamento dell’architettura tedesca, tra il linguaggio rigoroso e neutro di matrice miesiana e le sensibilità umanistiche di Rudolf Schwartz. Con una prosa limpida, essenziale e quanto mai scorrevole, l’autore ripercorre le vicende del Museo Lehmbruck a Duisburg e ne rilegge l’architettura ed i criteri museografici che ne hanno guidato la concezione e la faticosa realizzazione, ma allo stesso tempo il tema del museo diventa occasione per una riflessione più ampia. Ne emerge un saggio molto equilibrato che ben illustra un momento storico e culturale davvero singolare e complesso. Lo studio inoltre si avvale di un’ampia bibliografia, è accompagnato da numerose immagini e da rielaborazioni grafiche predisposte dall’autore, oltre che da apparati biografici relativi a Manfred Lehmbruck e al padre Wilhelm. Il testo è ben strutturato e si basa su un’attenta ricerca documentaria e con continui riferimenti al contesto nazionale e internazionale. Un ottimo lavoro sotto ogni punto di vista.

La giuria
Benedetto Todaro (coordinatore)
Giovanni Carbonara
Francesca Romana Castelli
Marco Di Nallo
Manuel Gausa

INVITO

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