Saper vedere la città
«Una serie di stanze, anche se ciascuna bellissima in sé, non forma una casa; una serie di edifici, sia pure splendidi singolarmente, non configura una città. Occorre un legame di interdipendenza, il continuum, ma, per concretarlo, ogni elemento, palazzo chiesa viale piazza, deve rimandare a quelli adiacenti, cioè rinunciare alla propria autonomia. Ciò significa: poetica del non-finito, livello urbano in cui Biagio rossetti assume la statura del genio.»
Quali eventi, quali strategie progettuali fecero della Ferrara estense, nel 1492, “la prima città moderna d’Europa”, come la definì Jacob Burckhardt? La domanda riguarda non solo l’eccezionalità dell’Addizione Erculea progettata dall’architetto Biagio Rossetti, ma l’intera tematica della pianificazione urbanistica.
Bruno Zevi in questo fondamentale saggio critico pubblicato per la prima volta nel 1960 indaga le caratteristiche, i progetti e le finalità di uno dei capisaldi della storia dell’urbanistica e del Rinascimento italiano. Lo fa raccontando le meraviglie dell’“officina ferrarese” ma anche insegnandoci a leggere e interpretare lo spazio urbano, inteso nel suo complesso come opera d’arte, dalle emergenze architettoniche all’arredo di piazze e strade, alla poetica del non-finito e dell’angolo. Zevi ci offre qui una lezione che a distanza di anni conserva intatta tutta la sua attualità e l’altissimo valore civico.