Il linguaggio moderno dell’architettura
Pochissimi sanno «parlare» e «leggere» l’architettura in termini attuali. Un solo linguaggio architettonico è stato finora codificato: quello del classicismo. L’architettura moderna, e con essa l’immenso patrimonio anticlassico del passato, viene paradossalmente considerata eccezione alla regola accademica, anziché linguaggio alternativo di piena, autonoma validità. In una serie di polemiche «conversazioni» dirette agli architetti, ma soprattutto ai fruitori dell’architettura e dell’urbanistica, Bruno Zevi identifica e commenta le sette invarianti che, confutando i preconcetti classicisti di cui siamo succubi, offrono la chiave per intendere i messaggi contemporanei: ne emerge un panorama eretico e meraviglioso. Il carattere provocatorio del saggio è annunciato dai due schizzi in copertina: piazza Venezia com’era, con la mole Torlonia a prolungamento del Corso e il fondale del palazzetto, davanti al quale poteva sorgere un monumento simile alla «mano aperta» di Le Corbusier; e la stessa piazza dopo lo sventramento che massacrò il cuore di Roma per dar luogo ad un faraonico, mostruoso scenario classicista.