Bruno Zevi intellettuale di confine. L’esilio e la guerra fredda culturale italiana, 1938-1950
Architetto, urbanista, storico e critico di architettura, membro del movimento clandestino Giustizia e Libertà, del Partito d’Azione, di Unità popolare, infine del Partito radicale, docente universitario: la ricca biografia intellettuale e professionale di Bruno Zevi (1918-2000) si snoda lungo tutto il Novecento con un’impronta netta e originale, e un preciso punto di partenza, il 1938.
A seguito delle leggi razziali, infatti, Zevi si trasferisce a Londra e, dal 1940, negli Stati Uniti, dove dirige i «Quaderni Italiani» – continuazione dei «Quaderni di Giustizia e Libertà» diretti a Parigi da Carlo Rosselli – e si laurea alla Harvard University. La sua attività prende dunque le mosse all’interno della comunità degli esuli italiani e delle organizzazioni antifasciste negli Usa, in stretta relazione con la diplomazia culturale americana. Con la fine della guerra e l’avvio dello scontro bipolare tra Stati Uniti e Unione Sovietica, l’Italia diviene infatti agli occhi del governo americano un alleato prezioso nella lotta al contenimento del comunismo europeo sia sul piano militare, sia nell’ambito della cultural diplomacy.
Nuove domande storiografiche e recenti acquisizioni archivistiche ci consentono, attraverso le vicende di uno dei suoi protagonisti, di mettere in luce aspetti finora sconosciuti dell’emigrazione intellettuale italiana in Usa e dell’avvio della guerra fredda culturale.