(Italiano) World Forum of Architecture I.F.Y.A. International Forum of Young Architects Arq. Bruno Zevi in memoriam
BRUNO ZEVI – architettura come profezia
Bruno Benedetto (Baruch) Zevi (1918-2000)
personalità, pensiero, lavoro
Arye LeoGuido Benedetto Sonnino
Conferenza per Fondazione Bruno Zevi
17.2.2005, auditorio de la Torre Academica de la Universidad Autonoma De SinaloaWorld Forum of Architecture
I.F.Y.A. – International Forum of Young Architects
Arq. Bruno Zevi in memoriam
12-26 february 2002 – Culiacan, Mexico
Preseduto da Arch. Francisco Carbajal De La Cruz, Honorary President and I.F.Y.A. Founder
CONFERENZA
Vi porto la partecipazione della Fondazione Bruno Zevi a questo convegno e Vi porgo i saluti e gli auguri da parte della Presidente e del Vice Presidente Adachiara e Luca Zevi.
La Fondazione è situata a Roma, in via Nomentana 150 , nel villino che prima era la casa di famiglia dove Bruno è cresciuto ed ha vissuto e lavorato tutta la sua vita.
La Fondazione contiene la biblioteca, le collezioni di foto e diapositive, i filmati video dei programmi e delle interviste, le lettere di lavoro e corrispondenza, I premi e vari documenti sulla sua vita e attività.
Lo scopo della Fondazione è di onorare la memoria di Bruno Zevi diffondendo il suo pensiero per l‘integrazione fra valori democratici insieme a quelli della sovranita` dell`individuo – in chiave architettonica (The Sovereignity of the individual – in the cause of architecture, F.Ll.W., Fiesole, 1910); di coltivare le sue idee basandosi sui suoi libri, sulle sue editoriali, sulla sua critica , sulla sua ricerca storica e sulla sua visione umana e politica: contro l‘idolatria, contro il classicismo, contro l‘illuminismo, contro gli ordini, contro la dittatura (un certo genere di eresia) – per la libertà e per la modernità. Questo si svolge facendo convegni, conferenze, seminri, esposizioini e mostre, promuovendo corsi professionali, istituendo un premio internazioinale e borse di studio, curando diffusione di libri e materiale informatico.
La tradizione e l`ambientè dai quali proviene Bruno sono parte del suo atteggiamento e, insieme al suo carattere e al suo talento eccezionali, si esprimono nel pensiero e nella creatività del suo lavoro.
La tradizione gli viene trasmessa dai suoi ultimi avi; quattro “Padri” e tre “Madri”:
Suo Padre, Guido (Izhak) Zevi, era ingegnere,laureato in ingegneria civile,architettura,elettrotecnica e ferrovie; Gran Cavaliere del Regno d‘Italia,ingegnere capo al comune di Roma, costruttore di numerosi edifici e anche un fedele e attivo Sionista – Presidente dell‘Unione delle Comunità Ebraiche d‘Italia.
Il Nonno Paterno, Benedetto (Baruch) Zevi,era medico di prestigio, decorato da Papa Pio IX con medaglia per il suo dedicamento alla cura dell‘epidemia del colera nel 1867 e dopo con una seconda medaglia dalla Provincia di Roma per esserre stato pioniere della vaccinazione dei bambini nel 1882.
Il Nonno Materno, Crescenzo (Efraim) Bondi‘, fu un commerciante di grande successo a Roma prima della Grande Guerra e dopo fece l‘impresario insieme a suo genero Guido Zevi.
Il BisNonno PaMaterno, “Ribbi‘ Chacham” Angelo (Mordechai) Citone, Rabbino Capo del antico Ghetto di Roma, il quale era legenda astratta in famiglia – finche nel 1982 sono state pubblicate le sue “Croniche“ che rivelano la sua storia, il suo carattere e la sua saggezza.
Questi “Padri” sono accompagnati da “Madri” di non meno merito:
La Nonna Paterna Dalinda Citone, moglie del medico Benedetto Zevi, ricordata per la sua emergente personalità e per aver portato avanti i cinque figli dopo la prematura morte del marito;
La Nonna Materna Olimpia Fiorentino, seconda moglie di Crescenzo Bondi‘ (dopo la morte della prima giovanissima Clotilde Beer – madre di Ada e Rina), la quale ha avuto parte decisiva nel successo commerciale del marito ed è vissuta fino al 1956 vicino e in stretto rapporto con Bruno.
Ada Bondi‘, la Madre, che Bruno in “Zevi su Zevi” ricorda solo come “dolce e anziosa“ ma la quale possedeva, dalle sue parole, “uno spunto di genialità”.
L`ambiente è quello di Roma, e più precisamente, del villino di via Nomentana 150 ed intorni:
Situato a distanza di due chilometri fuori le mura uscendo da Porta Pia, si trova di fronte a Sant‘Agnese – la basilica con l`accesso alle catacombe sottostanti e con dietro di essa il mausoleo di Santa Costanza e il club del tennis circondato da verde. Un altro accesso alle catacombe, ma tamponato, e` proprio nel giardino del villino.
Quresta città sotterranea, l‘underground che contestava il potere Romano sovrastante, testimonia la lotta ebrea-christiana contro il potere brutale e assoluto; contro l‘idolatria e la persecuzione.
Sulla stessa via Nomentana, a meta` strada verso Porta Pia c`è, giacchè parliamo di potere assoluto, la Villa Torlonia; residenza del Duce (progettata a diventare museo degli stermini e la tolleranza).
Il villino, aquistato dal Padre nel 1918 (nascita di Bruno), era allora ancora periferia, zona aperta che ispirava libertà e atmosfera riposante (ancora in parte conservata dal tennis dove Bruno giocava) – a confronto con il denso centro storico dove era situato, tra` il Portrico d`Ottavia e l`Isola Tiberina, il fittissimo Ghetto Ebraico (demolito), là dove aveva origine la famiglia da due millenni.
Dall‘altra parte del villino, a poca distanza su viale XXI Aprile sorge la famosa palazzina residenziale popolare (del film umano-politico stupendo “Una Domenica Particolare” (con Sofia Loren e Marcello Mastroiani) in stile moderno squisito del periodo fascista-socialista; architettura che si pone al disopra e in contrasto alla scura e degradante situazione politica.
Tale tradizione e ambiente sono lo sfondo del giovane Bruno e fanno parte del suo senso di dovere a dedicarsi alla lotta in favore di certe cose o, ancora di piu`, contro altre; della sua fede nella legge e nella libertà; della sua responsabilità di lavorare instancabilmente per sviluppare e coltivare idee moderne – anche rimanendo in minoranza ed essendo attaccato; Cosi‘ per l‘architettura; cosi‘ per l‘insegnamento all‘università e cosi‘ per la lotta politica: prima come ragazzo antifascista; poi durante la guerra con la propaganda antinazista; nel Partito D‘azione e in “Giustizia e Libertà” nel dopoguerra; facendo parte del Partito Socialista e da presidente del Partito Radicale con il quale fu eletto deputato al Parlamento nel 1987.
Insieme alla sua attività di docente che lo ha portato in numerosi paesi del mondo, Bruno era particolarmente devoto al suo coinvolgimento con lo Stato d‘Isreale dove si trasferirono, prima della II guerra, i suoi genitori e le sue sorelle con le loro famiglie; coinvolgimento, sia per la parte professionale come membro di commissioni, giurie e attività dell‘Associazione degli Architetti Israeliani e sia per la parte politice e nazionale – specialmente nei momenti di crisi e guerra – intervenendo, in Italia, con discorsi alle dimostrazioni e nei comizzi e in varie azioni e publicazioni di appoggio.
In “Zevi su Zevi “ (Marsilio 1993) sono raccontate con ulteriore dettaglio gran parte di queste cose, ma io vorrei riferirmi adesso al sottotitolo che Bruno ha dato a questo libro dicendo: “ architettura come profezia “.
I profeti, come noto, prevedendo il futuro ispiraqndosi – se credete – a parole e a rivelazioni divine. Sono sognatori o sonnambuli, oppure, se credete altremente, decifrando con la raggione, la meditazione, l‘immaginazione e l`intuizione – quali verranno ad essere le conseguenze di una certa azione o situazione. Ci vuole profonda fede, eccezzionale passione e coraggio, sul limite della pazzia o della disperazione (“comandati proprio da Dio “ ; o come diceva Bruno – “ arrivati sull‘orlo del suicidio “ ) per prendere certe posizioni molto originali, inacettabbili, controcorrete, e spesso condannabili come dannose, sovversive e traditorie.
Un‘altro tipo di profeti sono quelli che fanno la scoperta;
l‘invenzione; l‘innovazione, la introduzione di nuove idee. Questi e anche quest‘altri tolgono la calma; disturbano le norme, le tradizioni e le consuetudini – portando evoluzione e/o rivoluziobne. Percio` sono appartati e respinti, offesi e perseguitati – facendogli acquistare un comportamento di carattere strano, scontroso e folle. Fare il profeta ha un un alto prezzo personale di sacrificio, pagato apriori o a posteriori in tanti modi, sia dai profeti stessi e sia da chi li segue o gli sta` attorno; Per dirne uno apriori – Bruno ripeteva la frase: “ Se Dante avesse sposato Beatrice, non avrebbe scritto La Divina Commedia “.
Bruno esaltava principalmente Schonberg, Freud e Einstein e, per l‘architettura, F.LL.Wright e Michelangelo – come grandi esemplari del pensiero moderno; personaggi che hanno cambiato l`impostazione del concetto precedente. In questo senso lui intendeva la “ profezia “ del Zevi su Zevi.
Su questo argomento ho da raccontare una mia esperienza personale:
Quando nel 1988 salto` in avanti la Deconstruction con l`esposizione di architettura alla MOMA, dissi a Bruno che questo era proprio quello che lui aveva concepito nel “ Linguaggio Moderno Dell`architettura “ (Einaudi 1973 – allora gia` tradotto in molte lingue e da me in ebraico). La sua reazione fu con un gesto – strizzando occhio, guancia e bocca, dondolando la testa come in dubbio e mormorando “mm”; un “ forse si e forse no “ o “ chi lo sa “. Pensandoci a distanza di tempo, mi sembra sia stata una sua reazione diminutiva, di una certa umilta` difronte a una situazione di notevole sorpresa; incredulo che la cosa possa andare avanti sul serio; come se gli sembrasse inverosimile che le sue “ anti regole” siano state eseguite; ancora sbalordito che il suo sogno si sia avverato sotto i suoi occhi.
Ebbene, con l`affermazione del Decostruttivismo nella realizazazione di opere prestigiose in architettura – Bruno ha assimilato il fatto di averne avuto una parte determinante, esprimendosi in varie occasioni con: “ abbiamo vinto ! “.
Frank O. Gehry, alla commemorazione nella gremita aula dell`Opera di Tel-Aviv ha detto: “…This was a man who followed his course, followed his instincts, believed in the present and the future; had a great disdain for copying the past; could not tolerate anything that looked backwards in a time when we had to move ahead. His writings represent the history of architecture during his stand, his career. He was a great fighter; he was willing to be a Don Quixote in the Italian government; he was willing to take his principles into this thankless political arena and fight for the things he believed in. So truly he staid the course; he believed in something; he followed it for his whole life, and you see from the film the passion, the love, the intensity of his feelings and take courage from it and please don`t forget him “.
Tornando indietro con la storia della sua vita, troviamo altri fatti che appoggiano questa sua qualità di profezia.
A cominciare dal suo periodo da ragazzo antifascista in un epoca che “tutto andava bene” e che solo pochissimi avevano la capacita` di “saper vedere” il fatto di essere sulla cattiva strada. Cio` non essendo mai stato comunista, come erano stati, o dopo diventati, alcuni dei suoi compagni – avendo lui capito che e` una teoria umanamente inpraticabile. Bruno aveva deviato dall`atteggiamento apolitico di famiglia, ripiegata ad accettare la situazione cosi` com`e` e godendo della collaborazione con il reggime nelle orme dell`antica frase ebraica “prendi la via del Re”.
Nel `68, aveva criticato la rivoluzion studentesca nonostante avesse un`affinita` con le cause che la crearono, derivanti dalle delusioni sociali e politiche. Bruno si e` trovato a dover reagire in qualche modo sulla situazione. Questo e `stato un periodo che gli ha dato una spinta notevole la quale si e` maturata nello scrivere “ Il Linguaggio Moderno Dell`architettura “ dieci anni dopo il “the classical language of architecture” (John Sommerson,1963). La situazione degli anni `60, con il declino del movimento moderno e la ricerca di innovazione che spirava nell`aria, creava molta comfusione di idee e di teorie. Bruno temeva questo stato di incertezza e instabilita`, prevedendo che la situazione potesse portare a un brutto risultato, cosa di fatto accaduta con il Postmodern, che lui avrebbe voluto evitare con “ Il Linguaggio Moderno “.
Come da antifascista, prevedendo il degrado che poi ha portato l`entrata nella guerra di Spagna e in “Abbissinia”, le leggi raziali, e dopo l`entrata alla seconda guerra – cosi` da anticlassicista, prevedendo la decadenza che ha portato il Postmodern.
Ci sara` altra gente che puo` pensare e prevedere cosi`, ma per fare profezia bisogna ance esprimersi e lottare , e in questo, Bruno aveva le qualita` necessarie, sia di carattere e sia di capacita` da oratore e scrittore. Esaltava naturalmente le figure di Mose` ed Aaron, anche opera di Schonberg (porto` noi tutti al teatro), massima espressione di profezia; l`uno, massimo profeta lottatore e mago/stregone, grande leader – ma balbuziente, e per cio` dipendente dall`altro, esemplare sacerdote, di grande qualita` linguisticha espressiva, capace sia di presentare l`idea al Faraone e sia di iterpretarla per convincere il popolo – non sempre con successo. Mose` e` solo a salire sulla montagna per ricevere da Dio – se credete – il codice di legge invariante. La legge che mette in prevalenza la pratica della vita, fuggendo dal culto della morte. La liberta` invece della schiavitu`. Dio astratto invece dell`idolatria. La modernita` invece del classico. Bruno conclude “ Il Linguaggio Moderno… “ con: “ La nuova lingua “ci parla“, dai futuribili alla preistoria, scevra di misticismi; in essa confluiscono l`idea di Moses e la nel parola di Aaron “, come anche venne a recarsi al Monte Sinai nel `1998.
La storia in famiglia e` che Bruno voleva studiare lettere. Suo padre si e` imposto contrariamente vuolendo che prendesse ingegneria; qualcosa di pratico, che prometta di poter guadagnare bene. Dopo dure discussioni arrivarono al compromesso: l`architettura. Bruno ha fatto l`architetto, principalmente in gruppo, prendendo il compito della “ critica operativa “. Comunque, Bruno e` sempre rimasto un letterato e un politico – di architettura e oltre. Aveva un grande successo parlando sul podio o sulla scena , anche per la sua attraente figura e anche per la sua qualita` di oratore e di attore; nelle lezioni all`universita`, nelle conferenze, nelle commissioni e nelle giurie alle quali era invitato a far parte in vari paesi del mondo.
Con i suoi 30 libri, la rivista e altri scritti e con i filmati dai quali si capiscono e si intuiscono ulteriori suoi aspetti, ha prodotto tanto materiale da studiare e da approfondire, sia per il lato professionale e sia per altri lati. Sia per entirely architecture e sia per not quite architecture. Personalita` un poco split; “Bruno Zevi (the second)“ , come si e` lui stesso chiamato per la prefazione del il libro The Israeli architecture in the twentieth century (arch. Aba Elhanani, 1998); con periodi di eccitazione e felicita` e con periodi di tristezza e depressione. Un umano, ma piu` estremo nelle sue qualita`, anche di virtu` e anche di debolezza; sempre conscio del bisogno umano di supporto, di sicurezza e di affetto – contrastandosi ogni tanto con la frase “ odio la famiglia “ allo stupore di tutti; ammettendo lo sfogo essenzialmente necessario per compensare a delle mancanze. Lo vediamo anche nella conclusione alle sette invarianti del Linguaggio Moderno: “architettura non finita e Kitch “.
Bruno ci ha consegnato strumenti indispensabili e validi a tutti tempi per saper vedere l`architettura e per fare l`architettura; quelli con i quali lui ha coerentemente valutato, criticato e giudicato tutta l`architettura anche quella del passato, quella attuale e quella della sua visione per il futuro.
Strumenti che saranno adoperati sempre piu` per leggere, scrivere, parlare architettura; e non solamente architettura.
L`architetto Francisco Carbajal De La Cruz, amico fraterno di Bruno dal tempo della Carta del Machu Picchu – ha valutato questo ruolo di Bruno nel suo libro ayer hoy y man~ana – Bruno Zevi ; per le regole “invarianti “; per il loro valore fondamentale ed assieme anche moderno – non solo temporaneo ma bensi` permanente.
Questo ambiente dell`America Latina che ha grande stima per il pensiero di Bruno sin da quando aveva 33 anni, dandogli la sua prima Laureas D`onores in Argentina nel 1951, deve prendere un ruolo molto maggiore nella diffusione delle sue idee.
Faccio un richiamo all`architetto Francisco Carbajal, che come ha onorato il ricordo di Bruno in questo convegno, prenda il compito, con il nostro appoggio, di creare un centro di riferimento per la Fondazione Bruno Zevi in Messico per l’America Latina.
La profezia c`est difficile, non meno dell`architettura; difficile da fare, difficile da intendere e difficile de divulgare. Ha bisogno di essere appoggiata, spiegata, studiata, coltivata e diffusa – e per ciò c’è bisogno del vostro supporto piu` dedicato e piu`attivo. E` un buon investimento. Acquisterà più valore mañana.